– Marina a che età ha scoperto il suo amore per l’arte e la bellezza?
L’amore per l’arte l’ho sempre avuto fin da piccola, forse dai primi anni della scuola elementare. Ero bravissima in disegno.
Dopo gli studi tradizionali ed un primo approccio con l’arte mediante la lavorazione della ceramica, da cui provennero molti riconoscimenti anche sul fronte internazionale, solo nel 2003 decisi di fermarmi e di riprendere la mia indagine, dedicandomi in modo esclusivo alla pittura. Da allora mi proiettai in una ininterrotta ricerca personale e stilistica, che mi ha vista protagonista di molte mostre, e oggetto di un riconosciuto successo di critica.
– Esiste un legame con la sua terra di nascita che ritroviamo nelle sue opere?
Certamente c’è un legame tra le mie opere e la terra dove sono nata, c’è il mio vissuto, un mondo di affetti, è la mia storia. Lo si può riscontrare anche visivamente in alcune opere.
– Come riesce con il colore ad esprimere la mutevolezza dei sentimenti?
È stata una lunga ricerca sul colore, aldilà di scuole e tradizioni. Con il colore esprimo ciò che sento, a volte deciso e forte, altre delicato e sfumato. La pittura è un linguaggio per immagini, spesso incomprensibile, in particolare l’arte astratta. Bisogna essere molto recettivi per capirla. Come scrive Picasso, “i colori, come i lineamenti, seguono i cambiamenti delle emozioni”.
– Nelle sue opere lo spettatore riceve quel senso forte di bellezza e vive la vicenda espressa, lei intende così regalare agli osservatori una sensazione del momento o restituire qualcosa che resta?
Regalo le mie sensazioni, le mie passioni, il mio vissuto. Quello che resta allo spettatore, dipende anche da lui. Quando si è davanti a un quadro e quel dipinto ti scuote dentro qualcosa, un’ emozione, una sensazione, allora lo spettatore vive la vicenda espressa dall’artista. Per riuscire in questo, l’artista deve essere libero, identità e libertà vanno insieme.